Powered by Blogger.

.

mercoledì 14 gennaio 2015


Girovagando per il web, nelle ultime settimane ci imbattiamo spesso in post che trattano di una ‘disastrosa’ annata per la produzione dell’olio di qualità in tutta Italia: il 2014. Dato che l’annata è stata veramente dannosa, con perdite di produzione media che si aggirano intorno al 50% ed anche di qualità del prodotto, si deve trovare un colpevole. E sul colpevole da sbattere in prima pagina sono tutti d’accordo: E’ lei, la mosca olearia, per gli entomologi: Bactrocera oleae.

‘Si chiama Bactrocera Oleae la mosca che ha devastato gli oliveti’. ‘La famelica mosca ha fatto strage di olive’. ‘Mosca olearia, uno dei peggiori nemici dell'olivo’. ‘Una bottiglia su tre dell'olio italiano se l'è bevuta una mosca terribile’. ‘Quest'anno è vera tragedia, tutta colpa della Bactrocera’. ‘Infida mosca che ha fatto marcire le olive sui rami’. ‘Nemico numero uno degli olivi, ovvero la Bactrocera oleae’.’ Tre ondate di attacchi della mosca Bactrocera Oleae’. Espressioni di questo tenore si trovano in articoli specializzati in olivicoltura presenti in rete. 

Naturalmente, gli esperti hanno indagato per capire se il colpevole avesse agito da solo ed hanno scoperto che, in effetti, la mosca ha avuto un complice: il tempo meteorologico (che molti qui chiamano clima). Ecco cosa si può trovare negli articoli di cui sopra.

‘Alleato della mosca olearia si è rivelato il clima delle scorso inverno ’, ‘Colpa del clima pazzo che, con piogge abbondanti in estate, ha favorito la diffusione della mosca olearia’, ‘Clima perfetto per gli attacchi della mosca’, ‘A causare il flagello è stata la troppa pioggia’, ‘La mancanza di gelate invernali ha fatto proliferare questo parassita’, ‘Il clima mite dell’inverno 2013 ha permesso alle pupe di sopravvivere’, ‘Quest'anno il clima anomalo ha causato forti attacchi parassitari’,’ La Bactrocera, amante del clima umido e poco caldo si è riprodotta in quantità mai viste prima’. Qualcuno se l’è presa anche con l’Anticiclone delle Azzorre che non è arrivato in tempo e, naturalmente, non è mancato neanche chi ha colto l’occasione per denunciare l’uomo che con la sua attività economica dissennata sta distruggendo la vita sul pianeta (e quindi anche quella delle olive).

Siamo proprio sicuri che la principale causa della perdita di produzione dell’olio di qualità italiano vada ricercata ‘lontano’: nella civiltà dei consumi, nel clima che cambia, nella ecologia della perfida mosca, e non ‘vicino’ a noi, ad esempio in qualcuno o in qualche ente locale che non ha fatto per tempo ciò che avrebbe dovuto fare? 

Girando per la rete, si scoprono decine e decine di enti (regionali, provinciali e comunali), consorzi, cooperative, organizzazioni di produttori di olii DOP, DOC, biologici, tradizionali, dipartimenti universitari, esperti e consulenti agrari, assaggiatori d’olio, tutti con una lunga e profonda preparazione, tutti pronti a dare la colpa alla mosca, al clima, e a dire che in fondo ‘l’entità dell’attacco era assolutamente imprevedibile’, oppure che “si è trattato di un attacco mai visto prima”. La reazione degli esperti di olio sembra simile a quella dei sindaci di fonte a un’alluvione: ‘era imprevedibile!’. 

Almeno nei casi di alluvione, qualche giornalista impertinente domanda al sindaco: “Mi scusi, l’alluvione sarà stata imprevedibile, ma perché gli argini del torrente sono crollati come fossero di cartone? Perché il letto del fiume era diventato una discarica a cielo aperto prima dell’alluvione? Perché non ha messo in allerta i vigili del fuoco dopo l’allarme della Protezione Civile?”. Invece, in questo caso della ‘catastrofe olearia’ i giornalisti, come mosche cocchiere, si sono limitati a riportare il parere degli ‘esperti’ senza fare domande impertinenti quali: “Come sono stati usati i fondi regionali e quelli europei per la difesa della produzione olivicola ? Perché il monitoraggio della mosca e l’analisi delle olive è cominciata quando l’infestazione era già in atto? Perché si è aspettato che gli olivicoltori portassero le olive per le analisi (in un solo giorno a settimana)? Chi controlla se, come e quando essi applicano effettivamente e correttamente i metodi di difesa fitosanitaria? E quali sanzioni ci sono per chi non rispetta le regole?” E via di questo passo.   Evidentemente, i giornalisti agrari sono più educati di quelli di cronaca.

Non una parola poi, in tutti quegli articoli di tragedia olearia, riguardo al ruolo che la Ricerca Scientifica avrebbe dovuto giocare e non ha giocato, non dico per annullare il danno, ma almeno per ridurlo. Su questo argomento, i Dipartimenti di Agraria tacciono, o magari non hanno nulla da dire. Spero di sbagliarmi e aspetto che battano un colpo. 



Maurizio Severini


Nessun commento:

Posta un commento

 

Seguici su

Il nostro sito

Contattaci

Nome

Email *

Messaggio *

Translate

Cerca nel blog